Prof.ssa Luisella Battaglia – Professore Ordinario di Bioetica nell’Università di Genova

La relazione della Prof.ssa Battaglia per la Conferenza LIMAV svoltasi a Palazzo Montecitorio  – Analisi e proposte per i metodi alternativi di ricerca scientifica specie specifica:

La dissezione anatomica viene unanimamente considerata lo strumento principe per conoscere il corpo umano attraverso l’esperienza diretta, tanto da essere definita il passaggio universalmente riconosciuto per diventare medico. Essa infatti dà la possibilità agli studenti di apprendere i rapporti tridimensionali di vasi nervi, organi, nelle diverse regioni del corpo; migliora le attività manuali, ma soprattutto, promuove i valori umani ed etici introducendo gli studenti ad un approccio realistico con la morte ed ha una visione solidaristica della vita.
Occorre ricordare che la dissezione anatomica fa parte integrante dei curricula medici della maggior parte delle nazioni europee, nelle quali sono attivi consolidati programmi di donazione delle salme, mentre in Italia l’esiguità dei programmi di donazione comporta una grande difficoltà nel poter utilizzare i cadaveri per la formazione anatomo-chirurgica degli studenti degli specializzandi e degli specialisti.
La dissezione anatomica per l’insegnamento medico, sebbene prevista secondo normativa, è divenuta molto rara nelle nostre università. Da qui la necessità di maggiore informazione attraverso i mass-media sulla donazione dei corpi e come strumento formativo, soprattutto per l’importanza dei valori etici che ispira un gesto fondato sulle basi solidaristiche ed altruistiche. In questo quadro nel 2013 è partita da Genova dall’istituto italiano di bioetica, una campagna nazionale che ha inteso promuovere la possibilità di donare il nostro corpo dopo la morte, destinandolo alla ricerca scientifica e alla didattica. Numerose sono state le adesioni di medici giuristi e scienziati a partire da Margherita Hack, prima sottoscrittrice di un atto di donazione che vuole favorire la ricerca scientifica e insieme manifestare l’amore e solidarietà nei confronti del prossimo umano e non umano.
Mi preme sottolineare dunque che esperimentare su un cadavere specie in ambito chirurgico, significa ridurre grandemente la sperimentazione su animali.
La disponibilità dei corpi donati alla formazione anatomica e chirurgica, permette lo sviluppo e la sperimentazione di metodi e procedure innovative, non potendo l’animale per ovvie differenze anatomiche, fornire un modello adeguato.
Sappiamo che la possibilità di disporre di corpi umani a fini didattici e scientifici è una opportunità preziosa per studenti ed i ricercatori, di conseguenza, per l’intera società che può beneficiare dei risultati ottenuti nelle ricerche. Basti pensare per esempio, a come potrebbero avvantaggiarsi gli studi sul morbo di Alzheimer, da esami autoptici comparativi su malati e sani.
E’ necessario tuttavia regolamentare le modalità con cui ciascun cittadino può donare il proprio corpo, come quella con cui i ricercatori possono utilizzare i corpi umani disponibili al fine di impedire ogni forma di commercializzazione e per garantire procedure rispettose della dignità che la nostra cultura riconosce alle spoglie umane.
A tale preoccupazione ha inteso rispondere il Comitato Nazionale per la Bioetica con il documento per la donazione del corpo post mortem a fini didattici e scientifici che, oltre a sottolineare la valenza scientifica della donazione, fornisce indicazioni assai concrete sui tempi e le modalità di restituzione dei corpi alle famiglie al fine di procedere secondo le volontà precedentemente espresse a inumazione o a .cremazione.
E’ fondamentale innanzitutto che la donazione sia espressione di una libera e consapevole decisione della persona senza che sia necessario il consenso e la non opposizione della famiglia pur se è auspicabile il suo coinvolgimento.
Mi piacerebbe definire questo ”il nostro ultimo dono”, tuttavia regolamentare le modalità in cui ciascun cittadino può donare, è una espressione che significa insieme l’accettazione di un destino ineludibile e l’affermazione della speranza come si sottolinea icasticamente negli slogan, per cui dalla morte nasce la vita. Donare il corpo significa dunque in un certo senso anche donare se stessi, compiendo un atto di generosità che rivolgendosi non a qualcuno ma a chiunque, alimenta quel capitale di altruismo di cui ha bisogno una società degna di sè.
L’ultimo dono è un gesto evidentemente personale che può tuttavia aiutare a ritrovare le radici di quelle relazioni umane di cura, pietà ed empatia. Sono queste a farci sentire parte della grande catena che in vita ed in morte si unisce alla grande comunità dei viventi”.

 

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