Con questo articolo si vuole rispondere brevemente, per quanto possibile, alle dichiarazioni rilasciate dal Prof. Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ”Mario Negri” di Milano, esplicative di un presunto ”ruolo fondamentale” che gli esperimenti su animali avrebbero rappresentato per gli avanzamenti conseguiti nella suddetta area di ricerca [2].
Il Prof. Garattini avrebbe dichiarato che:
”Se oggi non si muore più (di AIDS, ndr) è perché abbiamo potuto sperimentare i farmaci sulle scimmie, gli unici animali su cui si può far attecchire il virus.” [2]
(nell’immagine sotto, il prof. Silvio Garattini)
Affermazioni oltremodo discutibili. Su diversi livelli. Vediamo perchè.
La stragrande maggioranza dei più importanti progressi conseguiti in questa specifica area di studio sono da attribuirsi ad osservazioni cliniche fatte direttamente sugli esseri umani ed approcci di ricerca ”human-based” (incentrati cioè sullo studio della biologia umana).
Infatti, è stata la ricerca clinica sugli esseri umani ad isolare il virus dell’HIV, a descrivere il decorso naturale della malattia ed identificare i fattori di rischio, e non la ”s.a.” (sperimentazione animale). Con la ricerca in silico (sistemi computazionali) e quella in vitro (coltura di cellule e di tessuto), utilizzando globuli bianchi umani, sono state definite sia l’efficacia sia la tossicità di quasi tutti gli attuali farmaci anti-AIDS, inclusi l’AZT, il 3TC ed enzimi inibitori (protease inhibitors), che hanno inciso significativamente sull’aspettativa di vita del paziente affetto da AIDS. Nella letteratura scientifica questo viene dichiarato e dimostrato in maniera del tutto irrefutabile [3-4-5-6-7-8-9-10-11].
Prendiamo ad esempio l’Azidotimidina (o AZT), anche noto come Zidovudina (o ZDV), introdotto in commercio con i nomi Retrovir e Retrovis. Questo è un farmaco antivirale impiegato nella terapia dei pazienti affetti da HIV, rivelatosi particolarmente efficace nell’aiutare a prevenire la trasmissione materno-fetale (cioè dalla madre al bambino, detta anche ”trasmissione verticale”) [12-13].
Inizialmente l’AZT era stato sviluppato come potenziale trattamento anti-tumorale, risultando tuttavia inadeguato per tale impiego [14]. Successivamente, la sua potenziale efficacia come composto da impiegare nelle terapie anti-HIV venne rilevata, come sopra precisato, grazie a metodi human-based, ad es. saggi in vitroche si avvalevano dell’utilizzo di materiale biologico di derivazione umana come le cellule.
Interessante notare che l’AZT:
- si è dimostrato inefficace nel prevenire l’infezione del SIV nei primati-non umani (SIV: Simian Immunodeficiency Viruse, virus surrogato dell’HIV utilizzato per infettare le scimmie negli studi del caso); eppure, come già riferito, il farmaco in questione risulta piuttosto efficace nel prevenire la trasmissione dell’HIV dalla madre al figlio [15-16-17-18].
- 2. si è dimostrato cancerogeno [19-20] e genotossico [21] nei topi e nelle scimmie. Vi sono studi che hanno rilevato addirittura embrio-tossicità nei modelli animali (cioè tossicità esercitata dall’AZT sull’embrione dei topi) [22]. Per contro, l’impiego del predetto farmaco, lo ripetiamo ancora una volta, viene regolarmente garantito alle donne in gravidanza per abbassare (con risultati considerevoli) il rischio di trasmissione verticale.
- 3. nonostante i contraddittori dati animali, risulta ancora presente nella ”lista O.M.S.” (Organizzazione Mondiale della Sanità) dei più importanti farmaci per il sistema sanitario umano [23].
L’utilizzo di farmaci antiretrovirali a scopo profilattico è stato introdotto in seguito alla pubblicazione, nel 1994, dei risultati di un trial clinico che hanno dimostrato una riduzione del 70% del rischio di trasmissione verticale di HIV in seguito a trattamento con AZT [24]. La successiva introduzione della Highly Active AntiRetroviral Therapy (HAART) ha ulteriormente contribuito a ridurre il rischio di trasmissione verticale di HIV fino ai livelli attuali che, nel caso in cui non venga praticato l’allattamento al seno, sono intorno all’1–2% [25].
Anche l’Istituto Superiore di Sanità Italiano (ISS) conferma tali dati:
”La trasmissione da madre a figlio, detta trasmissione verticale, può avvenire durante la gravidanza, durante il parto, o con l’allattamento. Il rischio per una donna sieropositiva di trasmettere l’infezione al feto è circa del 20%. Tuttavia è possibile ridurre tale rischio al di sotto del 2% somministrando la zidovudina (Azt, il primo farmaco usato contro l’Hiv) alla madre durante la gravidanza e al neonato nelle prime sei settimane di vita.” [26]
Dichiara l’UNICEF:
Questi straordinari progressi nella lotta all’HIV-AIDS sono il risultato di un più facile accesso per milioni di donne sieropositive e incinte ai servizi per la prevenzione della trasmissione del virus da madre a figlio. I servizi comprendono terapie antiretrovirali (ART) permanenti contro l’HIV, che riducono significativamente la trasmissione del virus ai nuovi nati e consentono alle madri una buona qualità di vita.” [27]
Ulteriore dimostrazione di come gli studi animali possano fuorviare seriamente il lavoro dei ricercatori impedendo o ritardando la disponibilità di potenziali farmaci utili ad uso umano è rappresentato dal travagliato sviluppo degli inibitori della proteasi che interessò il colosso de farmaco Merck.
Come riferì il noto quotidiano britannico ”The Guardian”:
”Nel 1989, i ricercatori del gigante farmaceutico Merck, Sharpe e Dohme (MSD), stavano lavorando su un promettente farmaco inibitore della proteasi. Lo sviluppo stava andando bene, finché gli scienziati decisero di testare la nuova terapia su cani e ratti. Gli animali morirono tutti.
Secondo l’ex vicepresidente della worldwide basic research, Bennett M. Shapiro, la società ‘interruppe lo sviluppo’ del suo più promettente inibitore della proteasi dopo che questo causò ‘gravi effetti collaterali’ negli animali di laboratorio.” [28]
Il risultato?
Le ricerche vennero interrotte nel 1989 e le sperimentazioni cliniche di questo nuovo farmaco iniziarono anni più tardi.
Questo grave ritardo venne confermato da uno dei principali ricercatori della suddetta società farmacologica, il Dr Emilio Emini:
“Non sta funzionando”, riferì al Dr Emini uno dei tossicologi impegnati nei test del farmaco sperimentale su animali, notiziandolo di ben otto cani morenti. I risultati osservati sui ratti non erano migliori. Il Dr Emini ritenne che se i risultati dei test sugli animali erano così scoraggianti e preoccupanti “non sarebbe stato etico proseguire gli studi su esseri umani […] Così perdemmo quattro anni di tempo”. [29]
Inoltre, altra importante delucidazione da rappresentare in risposta a quanto dichiarato dal Prof. Garattini, ad eccezione dello scimpanzè, in cui, tuttavia, il virus dell’HIV non si riproduce con quelle modalità rilevate nella specie umana [18] e che, salvo rare eccezioni, non manifesta l’AIDS [3-30], nessun altro animale (incluso il macaco, largamente utilizzato in quest’area di studio) viene infettato dall’HIV ed accusa in seguito un decorso patologico come quello umano [31].
La verità dei fatti, sovente sottaciuta da chi sostiene acriticamente il presunto valore degli studi animali nella ricerca biomedica e tossicologica, è che i modelli animali si sono rivelati chiaramente inadeguati per quanto riguarda le ricerche su HIV ed AIDS [32], offrendo risultati apprezzabili al meglio ”minoritari” (rispetto a quanto garantito da ”metodi alternativi” utilizzati nella ricerca scientifica) nell’insieme del ”totale utile” fino ad oggi conseguito, ed anche se un trattamento farmacologico destinato a contrastare efficacemente l’HIV dovesse essere scoperto domani stesso a seguito di studi critici condotti su animali questi ultimi non potrebbero essere comunque considerati come un valido sistema di modalità predittiva dell’esperienza umana di riferimento, in quanto il loro VPP (Valore Predittivo Positivo) in questo caso starebbe da qualche parte intorno ad uno 0.01 [33]. A questa avvilente constatazione si aggiunga anche la diffusa consapevolezza nella comunità scientifica dei potenziali trattamenti farmacologici utili, se non salva-vita, destinati alle necessità di milioni di pazienti umani, prematuramente ”cestinati” nel processo di sviluppo perchè i (fuorvianti) dati animali non giustificavano le successive sperimentazioni cliniche su esseri umani [4-34].
In virtù di queste oggettive constatazioni, non si può, in tutta franchezza, non rivalutare completamente le affermazioni rappresentate dal Prof. Garattini sulla validità degli studi animali.
13 settembre 2017
Autori:
Alfredo Lio (socio volontario dell’Associazione Medico-Scientifica O.S.A.)
Prof.ssa Mirta Bajamonte, Ph.D. (Biomedico-Biotecnologo in P.M.A. e BIO BANCHE di Organi e Tessuti Umani , Ricercatrice, Docente di Embriologia Clinica presso l’Università degli Studi di Palermo, Docente presso LUdeS Foundation H.E.I., Malta, Presidente dell’Associazione Biomedico-Scientifica PENCO BIOSCIENCE, Vice Presidente dell’Associazione Medico-Scientifica LIMAV Italia, Socio dell’Associazione Medico-Scientifica O.S.A.)
Dr.ssa Susanna Penco, Ph.D. (Biologa e Ricercatrice presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi di Genova, Presidente Onorario di PENCO BIOSCIENCE, Socio dell’Associazione Medico-Scientifica O.S.A.)
Dr Maurilio Calleri (Medico Veterinario, Presidente LIMAV Italia, Socio dell’Associazione Medico-Scientifica O.S.A.)
Bibliografia:
[1] Lio, A, Bajamonte, M, Penco, S. AIDS e ”sperimentazione animale”. Science News Live, 27 aprile 2017. https://alfredolio.wordpress.com/2017/04/27/aids-e-sperimentazione-animale/
[2] Sironi, F. Vivisezione: Pratesi vs. Garattini. L’ Espresso, 23 maggio 2012. http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2012/05/23/news/vivisezione-pratesi-vs-garattini-1.43463
[3] Sharma, B. Exploring Experimental Animal Models in HIV/AIDS Research. Biochem Anal Biochem 2013, 2:2. http://omicsonline.org/exploring-experimental-animal-models-in-hivaids-research-2161-1009.1000129.pdf
[4] Bailey, J. Non-human primates in medical research and drug development: a critical review. Biog Amines 2005; 19(4-6): 235–55. http://www.safermedicines.org/pdfs/reportbiogenic.pdf
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[21] Olivero, O, A. et al. Transplacental effects of 3′-azido-2′,3′-dideoxythymidine (AZT): tumorigenicity in mice and genotoxicity in mice and monkeys. J Natl Cancer Inst. 1997 Nov 5;89(21):1602-8. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9362158
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[23] Report of the WHO Expert Committee on Selection and Use of Essential Medicines, 2017 (including the 20th WHO Model List of Essential Medicines and the 6th WHO Model List of Essential Medicines for Children). http://www.who.int/medicines/publications/essentialmedicines/EML_2017_EC21_Unedited_Full_Report.pdf?ua=1
[24] Connor, E, M. et al. Reduction of maternal-infant transmission of human immunodeficiency virus type 1 with zidovudine treatment. Pediatric AIDS Clinical Trials Group Protocol 076 study group. N Engl J Med. 1994 Nov 3;331(18):1173-80. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7935654
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[26] Infezioni da HIV e AIDS. Informazioni generali. Epicentro – Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, ISS. 20 0ttobre 2011. http://www.epicentro.iss.it/problemi/aids/aids.asp
[27] HIV-AIDS e infanzia, tassi dimezzati dal 2005: 1,1 milioni di contagi sventati. Unicef, 2014. http://www.unicef.it/doc/5928/rapporto-aids-2014.htm
[28] Tatchell, P. The same difference. The Guardian, 16 March 2006. https://www.theguardian.com/commentisfree/2006/mar/16/drugtrialtragedyhighlights
[29] Fried, S. Cocktail Hour. The Washington Post, May 18, 1997. https://www.washingtonpost.com/archive/lifestyle/magazine/1997/05/18/cocktail-hour/f498a847-e13f-4321-8858-26af16eac715/?utm_term=.a0dbd482283f
[30] Hatziioannou, T. & Evans, D, T. Animal models for HIV/AIDS research. Nat Rev Microbiol. 2012 Dec; 10(12): 852–867. doi: 10.1038/nrmicro2911. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4334372/
[31] Ambrose, Z. et al. HIV/AIDS: in search of an animal model. Trends Biotechnol. 2007 Aug;25(8):333-7. Epub 2007 Jun 18. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17574286
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[33] Greek, R. & Menache, A. Systematic Reviews of Animal Models: Methodology versus Epistemology. Int J Med Sci. 2013; 10(3): 206–221. Published online 2013 Jan 11. doi: 10.7150/ijms.5529. http://www.medsci.org/v10p0206.htm
[34] van Regenmortel, M, H. Basic research in HIV vaccinology is hampered by reductionist thinking. Front Immunol. 2012 Jul 9;3:194. doi: 10.3389/fimmu.2012.00194. eCollection 2012. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22787464
Non sono una biologa né tanto meno medico o medico veterinario. Ma amo profondamente gli animali e da sempre mi causa repulsione quella vergogna che è la sperimentazione su creature indifese. Questo articolo dovrebbe tappare la bocca ai troppi Garattini che ancora propugnano tali vergognose pratiche pseudoscientifiche sugli animali…ma se ciò che li anima, a loro dire, è una sorta di umana filantropia …perché non proporre se stessi, in un supremo sacrificio, quali cavie umane?quale nobile sacrificio sarebbe per il progresso medico scientifico!